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Il lavoratore disabile che prende i premessi, previsti dalla legge 104, a ridosso delle feste per svagarsi a viaggiare, non può essere licenziato.
A chiarirlo è la Corte di cassazione che, con la sentenza 20243, respinge il ricorso del datore di lavoro, che aveva più volte adottato dei provvedimenti disciplinari nei confronti del dipendente, fino a licenziarlo.
L’agevolazione non è necessariamente collegata da esigenze di cura ma ha lo scopo di favorire una più agevole integrazione familiare e sociale della persona con handicap.
La ragione della massima punizione stava nel fatto che il lavoratore usufruiva sempre dei permessi a ridosso delle feste.
E li usava per fare lunghi viaggi guidando la macchina e trasportando pesanti buste della spesa. Tutto quello che la Commissione medica, che aveva accertato la disabilità, aveva escluso che l’uomo potesse fare nella sua condizione.
Secondo il datore di lavoro, l’articolo 33 della legge 104/1992 imporrebbe un uso del beneficio per scopi esclusivamente collegati a esigenze di tutela e di cura, e non andrebbe confuso con le ferie, quelle sì, da usare per recuperare energie-psico fisiche.
Di diverso avviso la Suprema corte, secondo la quale i permessi sono concessi per dare al disabile la possibilità di allontanarsi più a lungo degli altri dall’ambiente di lavoro, dando per scontato il maggiore stress dovuto all’attività. Per questo possono essere usati per svagarsi come per viaggiare.
La decisione è supportata dalle norme sia di fonte nazionale che internazionale: dalla Costituzione alla Convenzione Onu sui diritti dei disabili. Una rete di tutele economiche e dunque dirette, e indirette sotto forma di agevolazioni che puntano all’assistenza del disabile ma anche a soddisfare l’esigenza di socializzazione in tutte le sue modalità, per uno sviluppo della personalità e per il benessere psico-fisico.