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Di Giuseppe Musto
Le spinte individualiste e corporative, accentuatesi negli ultimi decenni, come conseguenza dell’affermarsi della complessità sociale e in ultimo l’emergenza pandemica sta distruggendo anni e anni di campagne e battaglie di sensibilizzazione pubblica per vedere riconosciuto il diritto dei disabili di essere parte attiva.
La pandemia ha influito sulle vite di tutte le persone e di tutte le famiglie, ma ha messo particolarmente in risalto i problemi e le necessità delle persone con disabilità.
Il sistema di servizi a loro dedicato non è stato sempre in grado di rispondere ai bisogni di socialità, assistenza, riabilitazione e inclusione. Piuttosto che adattarsi alle esigenze dell’emergenza sanitaria molte strutture hanno ridotto, o persino sospeso, i loro servizi.
Si sono verificate gravi carenze nei servizi domiciliari e nei centri diurni .
La priorità, ora, deve essere ripristinare tutti i servizi che anche prima della pandemia erano scarsi.
Vi è un altro aspetto molto importante che non bisogna sottovalutare, con la scusa della pandemia, l’inclusione lavorativa delle persone diversamente abili, l’obbligo di assumere lavoratori appartenenti alla categoria dei disabili è stato sospeso.
Perché se c’è una categoria che è stata sostanzialmente messa da parte in questi mesi di pandemia è proprio quella dei disabili, niente assunzioni, niente inserimenti mirati, stage sospesi.
Chi era già occupato, il ricorso alla cassa integrazione e allo smart working ha avuto due volti: una facilitazione fondamentale per alcuni; una nuova emarginazione, un taglio netto di un fondamentale rapporto sociale quotidiano, per altri.
La Giornata internazionale delle persone con disabilità che si ricorda ogni tre dicembre è indetta dalle Nazioni Unite dal 1992.
Mira ad aumentare la consapevolezza verso la comprensione dei problemi connessi alla disabilità e l’impegno per garantire la dignità, i diritti e il benessere delle persone con disabilità.
Non basta un giorno per ricordare la disabilità, perché ce ne dovremmo ricordare tutti i giorni.
Tutti i giorni le persone con disabilità e le loro famiglie combattono per i più elementari diritti.
Una svolta seria si avrà solo quando la società vivrà la diversità come una ricchezza e non come un costo.
Una società è civile solo se rispetta le persone più deboli, ritengo che sia un dovere sociale impegnarsi in tal senso, perché le prime barriere da abbattere sono quelle dell’ignoranza e del pregiudizio.